Il lavaggio percutaneo è una tecnica che permette di eliminare le calcificazioni di spalla, attraverso il loro scioglimento eco guidato con ago. L’indicazione primaria sono le calcificazioni a consistenza gelatinosa (in fase di riassorbimento) e quindi senza cono d’ombra posteriore all’ecografia. Le calcificazioni dure (in fase di stato o formativa) e quelle lamellari possono eventualmente essere trattate con il needling percutaneo, ma il trattamento di prima scelta sono le onde d’urto.
Calcificazione di spalla
Il lavaggio percutaneo ecoguidato è una tecnica mini-invasiva ed efficace, in quanto non necessita di incisione cutanea ed è in grado di eliminare tutta o buona parte della calcificazione in 1-2 sedute. Esistono diverse tecniche che utilizzano da 1 a 3 aghi.
Dettagli del trattamento: personalmente utilizzo la tecnica a singolo ago, in quanto meno invasiva e con minori rischi durante il trattamento.
Inizialmente, eseguo anestesia con 3-4 cc di mepivacaina (+ steroide tipo Depomedrol o Kenacort 2 cc), mediante un’infiltrazione sotto-acromiale.
Quindi, posizionando il paziente supino con l’arto superiore dietro alla schiena (in adduzione rotazione interna), eseguo in eco guida un ulteriore anestesia intra bursale ed attorno alla calcificazione (altri 2 cc di mepivacaina).
Infine, inserisco all’interno della calcificazione l’ago (18-21 G) di una siringa con circa 10 cc di fisiologica, iniettando la soluzione con movimento a “stantuffo” (e cioè iniettando ed aspirando in modo alternato). Durante la procedura il contenuto della siringa progressivamente passa da trasparente a torbido, testimoniando il trasferimento della calcificazione all’interno della siringa. A metà del trattamento sostituisco la prima siringa con una uguale, proseguendo con il lavaggio/aspirazione. Se fossero presenti aree calcifiche a consistenza dura, le cerco di frammentare con l’ago (needling).
Posizionamento dell’ecografo
Deposito calcifico dopo aspirazione
Il dolore durante la seduta è limitato dall’anestesia pre-trattamento. Dopo la seduta è necessario riposorelativo per 5-7 giorni (evitare gli sforzi e non elevare il braccio oltre i 90°) e terapia farmacologica antidolorifica/antiinfiammatoria. Dopo 7-10 giorni dal trattamento eseguo il controllo clinico ed ecografico. Se persiste dolore, pratico un’infiltrazione con steroide, collagene ed anestetico. Infine, prescrivo esercizi riabilitativi da eseguire in autonomia o con un fisioterapista.
Se la calcificazione ed il dolore non scompaiono, dopo circa 1-2 mesi eseguo un ulteriore lavaggio percutaneo.
La spalla dolorosa rappresenta circa il 16% di tutte le patologie dell’apparato muscolo-scheletrico. Più frequentemente vengono colpiti atleti che richiedono un iperattività degli arti superiori (pallavolo, tennis, baseball, nuoto..) e lavoratori ad attività manuale pesante o iterativa. Le cause di spalla dolorosa hanno origine traumatica, microtraumatica (o da sovraccarico funzionale) e degenerativa. La complessa anatomia della spalla favorisce l’insorgenza di numerose e variegate patologie. I sintomi comuni a tutte le patologie sono dolore, prevalentemente notturno, contrattura muscolare con compensi e limitazione funzionale nelle attività quotidiane, lavorative e sportive.
A) Tendinopatia della cuffia dei rotatori: è molto frequente, particolarmente nelle attività sportive overhead e lavorative manuali. Ha un incidenza maggiore nei maschi > 40 anni. Il tendine più coinvolto è il sovraspinoso, in quanto maggiormente sottoposto a sovraccarico funzionale e perché presenta in sede pre-inserzionale una zona di minore vascolarizzazione (la quale lo espone più facilmente a processi infiammatori e degenerativi). Altri tendini colpiti sono sottoscapolare e sottospinoso. Le cause di tendinopatia della cuffia sono multifattoriali:
Calcificazione di spalla
Trauma acuto
Microtraumi ripetuti (overuse)
Sindrome da impingement
Instabilità gleno-omerale (in particolare il gruppo AIOS)
In caso di rottura parziale in un paziente con basse esigenze funzionali (anche nel paziente giovane), il trattamento è prevalentemente conservativo, anche se con il passare del tempo generalmente la lesione tende ad ampliarsi. Nelle rotture a tutto spessore in paziente con elevate esigenze funzionali (giovane sportivo o impegnato in attività manuali pesanti) il trattamento suggerito è chirurgico.
Spazio sotto-acromiale
B) Sindrome da conflitto o impingementsottoacromiale: descritta da Neer già nel 1972, la sindrome da impingement è una condizione patologica a carico della cuffia dei rotatori e della sovrastante borsa SAD, riconducibile al conflitto della testa omerale contro l’arco coraco-acromiale. Tale conflitto si instaura durante i movimenti di elevazione e rotazione interna dell’arto superiore. Generalmente si manifesta con dolore antero-laterale (anche notturno), ipostenia variabile e tipico arco doloroso in elevazione/abduzione tra 90°-120°. La sindrome da conflitto ha andamento progressivo. Gli stadi 1 e 2 sarebbero reversibili, il 3° non reversibile:
Edema, emorragia subacromiale, <25 aa
Fibrosi e tendinite, 25–40 aa
Lesione parziale e totale tendinea, > 40 aa
Le cause di impingement vengono generalmente suddivise in primarie e secondarie:
Primarie, legate ad anomalie anatomiche (acromion uncinato, bipartito, ipertrofia della coracoide, tendinosi o calcificazione alla cuffia, artrosi di gleno-omerale ed acromion-clavicolare, fratture mal consolidate.
Secondarie, legate ad instabilità delle articolazioni gleno-omerale e/o scapolo-toracica od insufficienza della cuffia
Conflitto sottoacromiale
C) Instabilità di spalla (vedi articolo): comprende una serie di patologie di natura traumatica o non traumatica che hanno come caratteristica comune l’alterazione dei rapporti tra la testa omerale e la cavità glenoidea. Le instabilità gleno-omerali si classificano secondo:
Frequenza (acuta, recidivante, cronica)
Direzione (unidirezionale, multidirezionale)
Meccanismo traumatico o atraumatico
Il trattamento è prevalentemente conservativo (riabilitazione) nelle forme atraumatiche. Può invece essere chirurgico nelle forme traumatiche, soprattutto se recidivanti e con lesioni associate (a cuffia, cercine, osso).
D) Artropatia dell’articolazione acromion-clavicolare: può essere di natura traumatica per lussazioni e sublussazioni o degenerativa per artrosi. L’artropatia della acromio-clavicolare può essere responsabile diretta della sintomatologia dolorosa, oppure indiretta causando un impingement sotto-acromiale a causa della distensione capsulare. Tipicamente il dolore si accentua durante i movimenti di flessione anteriore ed adduzione di spalla ed alla digitopressione sull’articolazione. I test clinici specifici sono il cross-arm test e l’O’Brien.
E) Tenosinovite del capo lungo bicipitale: è una patologia frequentissima nella spalla dolorosa. Essa nella grande maggioranza dei casi è legata al ruolo del c.l.b. di stabilizzatore accessorio della testa omerale. Infatti quando vi è una tendinopatia della cuffia dei rotatori o una sindrome da conflitto il c.l.b. viene sottoposto a sovraccarico con conseguente infiammazione. In altri casi un versamento nella sua guaina è secondario ad un versamento della gleno-omerale, dato che la guaina sinoviale del clb è in continuità con l’articolazione. In caso di degenerazione tendinea (tendinosi), il clb si può rompere anche con banali movimenti.
F) Capsulite adesiva (o spalla congelata): colpisce il 2-5% della popolazione, prevalentemente di sesso femminile tra i 40 e i 60 anni. Esordisce con un processo infiammatorio a carico della capsula sinoviale dell’articolazione gleno-omerale che esita in fibrosi e retrazione capsulare. Questi eventi determinano una progressiva limitazione del movimento della spalla che può durare mesi o anni e quindi piuttosto invalidante (vedi articolo). Esistono due forme di capsulite:
Frozen Shoulder (capsulite primitiva)
Capsulite post-traumatica (capsulite secondaria)
G) Patologie neurologiche: Alcune neuropatie possono determinare un dolore riferito alla spalla. Citiamo per esempio la radicolopatia cervicale C5-C6, oppure la sofferenza del plesso brachiale, del nervo ascellare e del nervo sovrascapolare, che possono determinare dolore e parestesie alla spalla.
H) Altre cause: tra le cause di spalla dolorosa citiamo anche le sindromi dolorose miofasciali con presenza di trigger points.
La diagnosi di spalla dolorosa implica un adeguato percorso clinico e strumentale. Nell’anamnesi si valutano età, sesso, arto dominante, tipo di attività lavorativa e sportiva, eventuali traumi. Poi, si indaga sul dolore valutando tipologia, localizzazione, grado, fattori che peggiorano o migliorano la sintomatologia. L’esame obiettivo prevede l’ispezione in cui si osservano la postura, il trofismo dei muscoli, le alterazioni dei profili anatomici, le variazioni di colorito cutaneo ed eventuali tumefazioni; la palpazione e digito-pressione che hanno la funzione di cercare di individuare clinicamente le strutture responsabili del sintomo dolore; la valutazione dell’escursione articolare passiva e attiva, facendo attenzione alla presenza di eventuali compensi attuati dal paziente durante l’elevazione dell’arto superiore (valutare il movimento della scapola, l’atteggiamento del rachide e dell’arto superiore stesso). Infine si passa ai test specifici per patologia: Neer, Yocum ed Hawkins nella sindrome da conflitto; sulcus sign, cassetto, apprehension test e relocation test nella instabilità di spalla; test specifici per i muscoli della cuffia e per il capo lungo bicipitale (Jobe, Patte, Gerber, Pulm up..). A completamento diagnostico può essere necessaria la valutazione strumentale. Le metodiche utilizzate sono Radiografia tradizionale, Ecografia e Risonanza magnetica. In particolare risulta estremamente utile l’ecografia in quanto esame non invasivo, che permette una valutazione dinamica e la comparazione con la spalla controlaterale.
La trattamento è spesso conservativo, basato su terapia farmacologica e fisioterapia con esercizi rieducativi, terapia manuale e strumentale (come laserterapia ad alta potenza, onde d’urto ed ultrasuonoterapia). Le infiltrazioni ecoguidate coadiuvano il trattamento con ottimi risultati in termini di riduzione del dolore e miglioramento della funzionalità (si utilizzano acido ialuronico, collagene o cortisonici). Nella capsulite adesiva è molto efficace la dilatazione capsulare ecoguidata. In presenza di calcificazioni possono essere praticate le onde d’urto o la frammentazione/aspirazione ecoguidata della calcificazione. In caso di rottura della cuffia, lussazione anteriore di spalla o lesione del cercine, il trattamento può essere invece chirurgico.
La capsulite adesiva o spalla congelata (Frozen Shoulder per gli anglosassoni) esordisce con un processo infiammatorio a carico della capsula sinoviale dell’articolazione gleno-omerale (soprattutto della capsula anteriore e dei legamenti all’intervallo dei rotatori); questo processo sinovitico provoca fibrosi e retrazione capsulare con conseguente diminuzione del liquido sinoviale fisiologico; questi eventi determinano una progressiva limitazione del movimento attivo e passivo della spalla. Esistono due forme di capsulite:
Frozen Shoulder (capsulite primitiva)
Capsulite post-traumatica (capsulite secondaria)
La Frozen Shoulder colpisce il 2-5% della popolazione, prevalentemente di sesso femminile tra i 40 e i 60 anni, con maggiore incidenza in caso di malattie endocrine (diabete, alterazioni tiroidee, ormonali..) e nelle sindromi ansioso-depressive. A volte la capsulite si accompagna alle calcificazioni di spalla. Può colpire entrambe le spalle nel 10% dei casi.
L’insorgenza è subdola e si manifesta con il dolore (fase 1) spesso notturno e limitazione funzionale; segue quindi un periodo di incremento della restrizione articolare (in primis dell’extrarotazione) di spalla su tutti i piani (fase 2), causata da una importante retrazione capsulare, con discinesia scapolo-toracica di compenso che può durare alcuni mesi; l’ultima fase (fase 3) è quella della remissione, caratterizzata da una lenta ripresa funzionale, solitamente dopo 4-6 mesi. La capsulite adesiva è quindi una patologia piuttosto invalidante, sia per le sue caratteristiche cliniche che per l’andamento temporale.
La Capsulite post-traumatica consiste in un
processo flogistico più localizzato rispetto alla spalla congelata, causato da
un trauma importante (come una frattura o lesione alla cuffia) o da micro-traumi
ripetuti. Il dolore e la limitazione funzionale sono, in questo caso, meno
evidenti.
Il trattamento in fase 1 prevede, per gestire meglio il dolore, terapie strumentali come Laser, InterX e US e terapia cortisonica per bocca. Le fasi 2 e 3 hanno come cardine la rieducazione funzionale passiva (eseguita dal fisioterapista) ed attiva con esercizi di automobilizzazione e stretching gleno-omerale e scapolo-toracico da parte del paziente (anche in acqua a 34-36°C). A questo protocollo si possono associare per avere benefici più precoci:
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